Biografia di don Franco Alfieri
(di Luca Caiazzo)
Don Franco Alfieri nacque a Nocelleto di Carinola (Caserta) il 6 ottobre 1946.
E’ stato un presbitero e poeta italiano.
Frequentò il Seminario Arcivescovile di Benevento ricevendo l’ordinazione sacerdotale il 14 agosto 1971 a Sessa Aurunca, dal Vescovo – Padre Conciliare – Mons. Vittorio Maria Costantini. Studiò Teologia alla Pontificia Facoltà teologica dell’Italia Meridionale di Napoli sez. “S. Tommaso”. Nel 2004 conseguì il dottorato in Teologia Dogmatica nella Pontificia Facoltà Teologica “Seraphicum”, nel 2015 un secondo dottorato in Storia e Beni culturali della Chiesa presso la Pontificia Facoltà Gregoriana in Roma. Laureatosi in Storia e Filosofia all’Università “Federico II” di Napoli, fu docente nelle scuole secondarie di secondo grado. Ha insegnato Storia e Filosofia nei licei, Principi e Fondamenti III alla Facoltà di Sociologia dell’Università di Cassino, Dommatica all’Istituto di Scienze Religiose ID di Sessa Aurunca, Filosofia e Cristologia all’Istituto Superiore di Scienze Religiose “S. Pietro” a Caserta e Storia Moderna e Contemporanea all’Istituto Superiore di Scienze Religiose “San Paolo” di Aversa. In quasi 50 anni di ministero sacerdotale ha ricoperto diversi incarichi pastorali nella diocesi di Sessa Aurunca: prima come parroco di San Giuseppe in Cascano (1975-1978), vice-parroco e poi parroco di S. Rufino vescovo in Mondragone (dal 5.10.1978 al 7.06.2014), parroco-rettore del Santuario di S. Maria Incaldana e contemporaneamente amministratore parr. di S. Maria Stella Maris in Baia Felice, legale rappresentante delle parrocchie di San Giuseppe in Mondragone e di Rongolise, Cupa, Corigliano e San Martino di Sessa Aurunca. Con l’Episcopato di Mons. Raffaele Nogaro (1982-1990) fu segretario del Sinodo Diocesano, direttore del Consiglio presbiterale e vice-presidente dell’Istituto Sostentamento Clero. Negli anni dell’Episcopato di Mons. Antonio Napoletano (1994-2013) fu vice-economo, delegato ai convegni ecclesiali Nazionali di Palermo e Verona, direttore dell’Ufficio scuola, dal 2008 primicerio della collegiata di “S. Giovanni Battista” e vicario per la pastorale diocesana. Primo assistente diocesano del Movimento dei Cursillos e proto-presbitero per gli ucraini greco-cattolici di rito bizantino. Durante gli anni dell’Episcopato di Mons. Orazio Francesco Piazza, che lo scelse come vicario generale (2014), è stato anche delegato per la formazione del clero, direttore dell’Ufficio per le confraternite, membro del consiglio episcopale, del Collegio dei Consultori, del Consiglio Presbiterale, della Commissione Admittendis e membro della Commissione Arte sacra e Beni Culturali. Il suo contributo innovativo e creativo alla pastorale lo ha portato ad essere scelto quale delegato Regionale al Consiglio Presbiterale Italiano e delegato italiano al Consiglio presbiterale Europeo (fino al 2019). Partecipò all’incontro del Consiglio delle Commissioni Presbiterali Europee svoltosi a Kiev (Ucraina) dal 26 al 30 settembre 2016 e al rientro in Italia tenne una relazione sull’evento alla Commissione presbiterale nazionale.
Muore a Latina, il 4 novembre 2020, dove era ricoverato presso il Presidio Ospedaliero Nord “S. Maria Goretti” a causa del covid-19.
E’ sepolto a Nocelleto di Carinola.
Nel panorama culturale del territorio è conosciuto anche come poeta. Tra le sue pubblicazioni: Virus, un mistero tenebroso. (Per uscirne vivi… anche nell’anima!), Ed. Caramanica, Minturno (Lt), 2020. Francesco. Un Papa proprio così, CnX, Roma 2016; Alba fervorosa. Poesie, CnX, Roma 2013; Il V Sinodo della diocesi di Sessa Aurunca, Corrado Zano, Sessa Aurunca (Ce) 2004; Vita di S. Leone IX, protettore delle diocesi di Sessa Aurunca, Franco Angeli, Milano 2004; S. Rufino. Un Santo Luminoso, Arti Grafiche Caramanica, Scauri (Lt) 2001; Diritti umani e organismi internazionali, Arti Grafiche Caramanica, Marina di Minturno (Lt) 1998; Il volontariato tra pubblico e privato, Garigliano, Cassino (Fr) 1992; Carmen Sinuessanum, Istituto Scienze Religiose “F. De Santa” Marina di Minturno (Lt) 1992; Serviti dall’amore, Istituto Scienze Religiose “F. De Santa”, Marina di Minturno (Lt) 1992; Scuola e disadattamento sociale, Garigliano, Cassino (Fr) 1991.
Don Franco Alfieri, presbitero (1946 -2020)
(di Luca Caiazzo)
“Concedimi, Signore,
di passare nel mondo a porte spalancate,
con la mia casa interamente vuota, disponibile,
accogliente”.
Quando muore una persona che ha speso la sua vita con un orizzonte simile, diventa un’ardua impresa poter raccogliere e raccontare il complesso dei fatti che hanno reso quella vita così bella; per don Franco, invece, riannodare le trame della sua storia personale non è impresa vorticosa, poiché veramente ci appartiene, è passato nella nostra vita lasciando un segno tangibile che ora parla: testimonianza di chi non vive per se stesso ma per l’altro; per un Altro. Ognuno potrebbe raccontare il “suo” don Franco: si correrebbe il rischio di avere frammentato una persona che invece era integra, trasparente e assolutamente svelata. Dalle parole dell’immaginetta della sua ordinazione sacerdotale, avvenuta il 14 agosto 1971 (era sabato, vigilia dell’Assunzione della B. V. Maria), è palese il programma della sua vita. Don Franco non ha fatto altro che aprire porte, cominciare dei processi, accompagnare e portare al pieno compimento, mantenere saldi gli equilibri ma saperli scuotere e mettere in tensione quando la realtà ristagnava e si assuefaceva alla mediocrità. Soleva ripetere a chi gli chiedeva come facesse ad essere sempre in movimento, nonostante l’incombere del tempo: “Il segreto è avere sempre un sogno da realizzare”, don Franco era realmente un prete giovane, non solo per la freschezza intellettuale (è risaputo il fatto che studiava fino a notte fonda, leggeva più libri contemporaneamente e scriveva di continuo) ma la “giovinezza” di questo prete era radicata nell’attenta e curiosa osservazione delle aspirazioni dei giovani di ogni lustro. Ne ho fatto personalmente esperienza, parlo di ciò che ho conosciuto e vissuto. Don Franco è stato un vero ricercatore, un inesausto scopritore dell’interiorità dei giovani. La sua fierezza era saper entrare in empatia con i suoi interlocutori: tutti, nessuno escluso. Era facile vederlo per strada mentre “corteggiava” qualche persona lontana dalla comunità ecclesiale, sapeva voler bene i lontani dalla fede senza voler propinare loro un discorso morale o strettamente religioso. Parlava da persona libera, da sapiente: guardava negli occhi e toccava chi gli stava davanti con la profondità del suo pensiero cristallino ed incompleto… ovvero, cercava delle domande più che delle risposte da dare. Questa schiettezza, propria dei veri filosofi, lo rendeva amabile e facilmente avvicinabile: ad esempio l’estate era per don Franco la sua pesca miracolosa, gli eventi che organizzava attorno alla comunità erano momenti di fresca distensione ma anche di coraggiosa evangelizzazione. La sua parola è sempre stata riverbero della Parola di Cristo, per questo quando citava le Scritture, calandole nella realtà attuale, ogni ascoltatore sentiva il gusto di conoscere il Maestro: una Parola eversiva, non quieta e dolcificante. La gente chiedeva a don Franco la Parola del Vangelo: si avvicinavano per mettersi a servizio della comunità proprio nel momento in cui il cuore si inebriava dall’ascolto della predicazione, direi “saporita”, di questo servo del Signore. Dall’aspetto poteva sembrare autoritario, chi entrava in relazione con lui sapeva bene che aldilà del ruolo trovava una persona semplice, serenamente pacificata e mai distratta o persa in astrazioni, sempre presente “hic et nunc”, per questo autorevole. Tra un servizio da sbrigare e l’ascolto di una persona, non vi erano dubbi alternativi: si fermava ad ascoltare, penetrando con il suo sguardo chi gli si accostava, fattivamente: doveva risolvere senza rimandare, aiutare nella possibilità più vicina e concreta coloro che gli chiedevano un sostegno, un consiglio, di dirimere una controversia o un problema molto grave. Don Franco è stato un prete responsabile, più che di sé, degli altri… a tratti sregolato, ma innamorato: sapeva che la vita andava spesa con intelligenza e senza riserve. Era una persona scomoda perché autenticamente se stessa: era facilmente argomento sulla bocca dei chiacchieroni (la sorte dei santi!); lasciava parlare di sé, non aveva bisogno di difese, poiché chi si limitava alla chiacchiera dimostrava incapacità di slanci fattivi, verso una persona sempre aperta al dialogo, all’incontro e allo scambio prolifero di visioni diverse. Il suo genio si consolidava nell’orante conoscenza del cuore umano: molte volte si confrontava con esperienze borderline, dolorose e delicate. Non fuggiva davanti alla drammaticità della vita. Davanti agli occhi ho l’ultima immagine di don Franco, mentre era ancora qui tra le vicende terrene: era notte, il 4 ottobre 2020. Don Franco uomo che sapeva riconciliare il cuore alla quiete della notte, guardava alla speranza che è simile al seme caduto nel freddo della terra invernale: ai primi raggi del sole primaverile è destinato ad essere fecondo germoglio vitale. Nel settembre 2013 al termine dell’Episcopato di Mons. Napoletano con tali parole si rivolgeva all’assemblea diocesana che congedava il vescovo: «mi domando: si può parlare di tramonto per un uomo di fede? Di avventura dello spirito terminata per sempre? Mi domando ancora qual è il confine tra un’alba e il suo tramonto? Esiste forse una sorta di iato tra l’inizio e il suo compimento? Non sarà forse che l’avventura della vita, che ha in Dio il suo cominciamento al fonte battesimale possa essere un giorno spenta? Certo la cultura pagana nell’inizio vede subito il suo termine: ciò che comincia deve avere una sua conclusione insperata. È la cultura asfittica che prova e provoca pure, per un attimo, il brivido della vita, ma non sa proiettarsi nella metastoria quale inizio di una pienezza (…). Noi crediamo nel giorno, nell’alba della resurrezione, che la distinguerà, come sempre, da ogni spirito, che va verso il delta della vita. La notte non è che vivere la tensione verso la luce (…). La notte è feconda, mi perdoni il suo elogio. Fu di notte che Julien Green apri gli occhi alla misteriosa luce di Dio, poiché solo di notte poté contemplare le stelle che, a migliaia parlano di Lui. Fu di notte che, nel silenzio e nel buio, intatti da sempre, risuonò la possente voce di Dio: “splenda la luce!”. Di notte Cristo illuminò Nicodemo. Di notte placò il lago in tempesta. Di notte consumò l’Ultima Cena con i suoi discepoli e sudò sangue. E di notte, infine, rovesciò trionfante la pietra dal sepolcro. La notte è, quindi abitata da Dio quanto il giorno. Anzi più del giorno. Ogni notte. Specialmente la notte dello spirito e del cuore, della tentazione e della sofferenza».
La vicenda di don Franco ha scosso la comunità ecclesiale e certamente ha lasciato un grave vuoto nella nostra città di Mondragone. Don Franco ha speso la sua vita quasi interamente tra noi mondragonesi; il suo intelletto era stato stimolato dalla realtà litoranea tanto da sollecitare nel suo animo idee e propositi utili per la sua espressione pastorale. Da parroco di San Rufino ha apportato imponenti novità alla vita della comunità e del quartiere; l’ideale di “chiesa in uscita”, tanto caro a Papa Francesco, per noi si è materializzato già negli anni’80 quando i giovani delle comunità, convogliati nelle iniziative parrocchiali, hanno dato vita a movimenti, centri di impegno cittadino, manifestazioni di interesse comune in difesa del territorio e iniziative per il rilancio del turismo, basti pensare alla conversione della festa dell’Assunta, da celebrazione ristretta ad una processione ai confini del quartiere mare (e nella zona dell’attuale lungomare) ad un evento poliespressivo che abbraccia l’intera costa cittadina da Levagnole alla loc. Carrarola: lo Sbarco dell’Assunta, momento di pathos religioso e tratto identitario dei cittadini di Mondragone. Don Franco con il suo ministero sacerdotale, con la sua predicazione audace e con l’aulica composizione poetica è stato un cantore di Maria, la Madre di Dio. La sua vita è stata straordinariamente trasformata da questa dolce Madre, servita come parroco-rettore della Basilica Minore di Santa Maria Incaldana. Il suo apostolato, il suo genio intellettuale, la sua caparbia volontà rinnovatrice hanno apportato al Santuario cittadino, Chiesa Madre, l’antico splendore e la dovuta e degna connotazione di casa aperta a tutti. Sappiano i posteri che Mondragone ha goduto di una mente eccelsa, di un educatore appassionato, di un sacerdote coraggioso che stando “in mezzo al popolo” ha costruito con fedeltà e dedizione, lontano da consensi e sterili riconoscimenti, la coesione della comunità, sia ecclesiale che cittadina. Una vita offerta per il Bene, una testimonianza di gratuità e di radicalità evangelica, da discepolo del Maestro si è fatto suo trascinatore e con forza dirompente ha traghettato coloro che, naufraghi, “avevano perso il gusto della vita vera”.
«Sarò giovane compagno di una stella
che già spenta rinnova il suo dono
per ciò che ogni giorno ricomincia.
Vi invito alla marina
ove si scioglie la vela della vita
di chi, per gratuità,
lasciò mutarsi in offertorio».
Grazie don Franco per essere stato in mezzo a noi.